Intelligenza artificiale e responsabilità dell’azienda

Chatbot, sistemi di assistenza, robot: che responsabilità si assume l’azienda?

Assistenti virtuali, robot industriali, sistemi di profilazione o assistenza alla clientela, macchine diagnostiche questi sono solo alcuni dei sistemi di intelligenza artificiale utilizzati dalle aziende.

Molto noti sono i vantaggi, meno i rischi per chi li “produce” o li sfrutta.

Anche se si tratta di una nuova tecnologia, le disposizioni di legge che si ritengono ancora oggi meglio rispondenti a regolare fattispecie di responsabilità civile “da” intelligenza artificiale possono essere ricondotte a ipotesi “antiche” che non presuppongono un’azione diretta del soggetto ritenuto responsabile, come avviene nelle tipiche ipotesi di responsabilità oggettiva o di responsabilità indiretta per fatto altrui. E ciò, considerato che, allo stato, un sistema di Intelligenza Artificiale non sarebbe concepibile alla stregua di un “agente” dotato di stati soggettivi.

Tra le ipotesi di responsabilità oggettiva di cui si potrebbe invocare l’applicazione, rinveniamo le fattispecie di cui agli articoli:

  • 2050 c.c. (“Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”).

La disposizione in esame potrebbe trovare applicazione in tutti quei casi in cui il danno è derivato dall’utilizzazione, da parte di un essere umano, di uno “strumento” dotato di intelligenza artificiale e, dunque, dallo svolgimento di un’attività qualificabile come “pericolosa”. Si prenda, ad esempio, il caso di robot industriali, attaccati al suolo, che hanno tuttavia possibilità di muoversi “autonomamente” nello spazio.

  • 2051 c.c. (“Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”).

La disposizione, che presuppone una pericolosità intrinseca della “macchina” dotata di intelligenza artificiale, potrebbe trovare applicazione in tutti quei casi in cui il danno deriva direttamente dalla “cosa” (rectius, dalla macchina), a prescindere dall’intervento dell’uomo.

  • 2052 c.c. (“Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”).

La disposizione potrebbe trovare applicazione, supponendo che l’intelligenza artificiale sia equiparabile all’intelligenza animale, ad esempio nei casi di utilizzo di “macchine” dotate di intelligenza artificiale che hanno la possibilità di muoversi in autonomia in spazi liberi, non limitati.

  • l’art. 2054 c.c. (“Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli. Il proprietario del veicolo, o, in sua vece, l’usufruttuario o l’acquirente con patto di riservato dominio, è responsabile in solido col conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà. In ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo.”).

La disposizione potrebbe trovare applicazione qualora si ritenesse la “macchina” munita di un sistema di intelligenza artificiale equiparabile ad un autoveicolo non su rotaia.

Tra le ipotesi di responsabilità indiretta per fatto altrui, potrebbero invece trovare applicazione:

  • l’art. 2049 c.c. (“I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”).

La disposizione potrebbe trovare applicazione in relazione a tutti quei sistemi di intelligenza artificiale “antropomorfi” che operano come fossero degli assistenti domestici o dei collaboratori al servizio di un datore di lavoro.

  • l’art. 2047 c.c. (“In caso di danno cagionato da persona incapace di intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto. Nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento da chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice, in considerazione delle condizioni economiche delle parti, può condannare l’autore del danno a un’equa indennità”).

La disposizione potrebbe trovare applicazione laddove venisse valorizzato l’elemento del “periodo di apprendimento” della macchina dotata di intelligenza artificiale. Il regime della colpa presunta potrebbe peraltro essere parametrato efficacemente secondo il livello di “educazione” o “insegnamento” appreso e da apprendere.

La responsabilità civile di chi “sfrutta” sistemi di intelligenza artificiale deve essere posta in relazione con la responsabilità del produttore. Invero, oggi il produttore (e il sub-produttore), sviluppando sistemi complessi quali sono quelli legati all’intelligenza artificiale, assume un ruolo tanto decisivo da aver riportato in auge il tema della responsabilità da prodotto.

Si può, dunque, ritenere che, accanto alle disposizioni sopra esaminate, risultino applicabili gli articoli:

  • 114 del Codice del consumo (“Il produttore è responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto”).

La disposizione potrebbe trovare applicazione qualora si ritenesse il sistema dotato di intelligenza artificiale quale “bene di consumo”.

  • 2050 c.c. (“Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”).

La disposizione potrebbe essere applicata nel caso in cui non si ritenesse applicabile l’art. 114 cod. cons., ma soprattutto per superare l’esenzione di responsabilità da “rischio da sviluppo” ex art. 118 cod. cons., e consentire il risarcimento di tutti quei danni che non possono dirsi essere stati provocati da “vizi o difetti”, quali, ad esempio, l’hackeraggio o la violazione dei dati personali.