L’impatto ambientale delle criptovalute

Le criptovalute sono una forma di moneta digitale che si basa sulla tecnologia blockchain, che garantisce la sicurezza, la trasparenza e la decentralizzazione delle transazioni attraverso complessi calcoli crittografici che assicurano la coerenza dei blocchi dove le stesse sono registrate. Tuttavia, le criptovalute hanno anche un impatto ambientale significativo, dovuto al processo di creazione e validazione dei blocchi, noto come mining. Il mining, proprio poichè consta di complessi calcoli crittografici, richiede una grande quantità di energia elettrica, la cui origine pesa dunque direttamente sul bilancio ambientale delle criptovalute che utilizzano questo processo, come Bitcoin.

Lo stato attuale e il percorso verso la sostenibilità

Le criptovalute non sono necessariamente incompatibili con la sostenibilità ambientale. Al contrario, esse possono offrire dei vantaggi rispetto al sistema bancario tradizionale, che anch’esso ha un impatto ecologico non trascurabile. Infatti, le banche utilizzano molte risorse materiali, come carta, plastica, metallo, per la produzione e la gestione dei contanti, delle carte di credito, degli sportelli automatici e degli edifici. Inoltre, le banche dipendono da una complessa infrastruttura informatica che richiede energia per funzionare e per mantenersi entro parametri termici precisi. Secondo uno studio della Dutch National Bank, riassunto nell’autorevole rapporto Ember, il sistema bancario olandese consuma circa 1.5 TWh di energia all’anno, pari allo 0.7% del consumo totale del paese. Secondo alcuni studi, come quello di Galaxy Digital, il sistema di banking tradizionale necessità di più risorse rispetto all’ecosistema delle criptovalute;

ma non solo: queste ultime forniscono anche un vantaggio strategico rispetto al rapporto tra consumo energetico e quantità di valore transato, annullando l’ovvia constatazione che il banking tradizionale consumi di più perchè universalmente utilizzato.

Impietoso sotto ogni punto di vista il paragone con l’oro, ad oggi il mezzo più utilizzato in qualità di riserva di valore ma penalizzato da costi ambientali elevatissimi per ricerca, estrazione e raffinazione, ancor prima prima che per circolazione e stoccaggio fisico.

I livelli di consumo delle diverse criptovalute, inoltre, possono essere costantemente monitorati registrando il traffico sulle blockchain di riferimento e calcolando la potenza necessaria al loro funzionamento. Per Bitcoin è disponibile il progetto dedicato della Cambidge University L’adozione globale della tecnologia blockchain e delle criptovalute sconfiggerebbe immediatamente qualsiasi tentativo di greenwashing in ambito bancario.

La transizione green delle criptovalute

Le criptovalute stanno facendo dei progressi nella transizione verso una maggiore efficienza energetica e una minore dipendenza da fonti inquinanti, ad esempio:

  • l’utilizzo massivo di fonti energetiche rinnovabili. Fonti che poco si adattano ai ritmi di vita continui della popolazione (ad esempio energia eolica o solare, disponibile solo per alcuni periodi della giornata o dell’anno) sono invece adatte per un processo che può interrompersi senza alcun impedimento tecnico e riprendere appena l’energia a basso impatto è di nuovo disponibile;
  • l’utilizzo di energia di scarto derivante da altri processi produttivi. Alcuni esempi sono l’energia termica creata come sottoprodotto di altri impianti avidi di risorse energetiche (ad esempio l’industria siderurgica) o l’energia di scarto proveniente da impianti industriali (ad esempio quella prodotta durante il ciclo di estrazione e raffinazione del petrolio), agricoli o di trattamento dei rifiuti;
  • la creazione di reti locali o regionali di mining che sfruttano le risorse energetiche disponibili sul territorio e che riducono la necessità di trasferire energia da zone lontane. Tali reti, tra l’altro, possono anche favorire la cooperazione e la solidarietà tra i partecipanti e creare ulteriori opportunità di sviluppo locale.

Le soluzione tecniche da valutare

Un’altra soluzione all’utilizzo di grandi quantità di energia è l’adozione di protocolli di consenso alternativi al proof-of-work (PoW), che è il meccanismo usato da Bitcoin per validare i blocchi. Il PoW, come sopra anticipato, richiede ai miner di risolvere dei problemi matematici complessi che richiedono molta potenza di calcolo. Alcuni protocolli alternativi, ad esempio quello recentemente adottato da Ethereum, sono il proof-of-stake (PoS), che assegna ai validatori una quota proporzionale alla quantità di criptovaluta che possiedono, o il proof-of-authority (PoA), che si basa sulla reputazione degli enti che validano i blocchi. Alcune critiche a tali metodi riguardano però la sicurezza, che sarebbe garantita quantitativamente, qualitativamente (perdendo tuttavia la garanzia di neutralità della blockchain), ma non in modo matematicamente inviolabile. Compromessi forse troppo significativi per un sistema che basa il proprio successo sulla sicurezza assoluta.

In conclusione, le criptovalute sono una realtà in continua evoluzione e innovazione, che presenta delle sfide ma anche delle opportunità per la tutela dell’ambiente. Se da un lato è necessario regolamentare e monitorare il loro impatto energetico, dall’altro è possibile sfruttare il loro potenziale per promuovere una transizione verso una economia più verde e inclusiva. NetworkLex può assistere le tua azienda anche in questo ambito attraverso il nostro Green Tech Legal Assessment.