Il curatore dell’eredità giacente NON deve pagare le imposte di successione e ipocatastali: BASTA!

IL CURATORE DELL’EREDITÀ GIACENTE: LA FIGURA E LE FUNZIONI

Il curatore dell’eredità giacente è colui che, in attesa dell’accettazione dell’eredità da parte dei chiamati (se esistenti) o della devoluzione del patrimonio ereditario allo Stato, in presenza dei presupposti di cui all’art. 528 c.c. (assenza di accettazione di eredità e del possesso dei beni ereditari da parte del chiamato) viene nominato dall’Autorità giudiziaria, su istanza di qualsiasi interessato (spesso si tratta di creditori del defunto) o d’ufficio (ad esempio, su istanza del Giudice Tutelare), al fine di custodire e amministrare il patrimonio ereditario (quale che sia il valore economico e anche se tratti soltanto di debiti) rimasto di fatto temporaneamente privo di un titolare e, comunque, allo scopo di consentire ai terzi di poter esercitare i propri diritti (spesso, di credito) nei confronti dell’eredità.

Il curatore non può essere considerato né un rappresentante legale, né un sostituto, del chiamato all’eredità. Da un lato, infatti, il curatore non è un rappresentante dei chiamati all’eredità, né del defunto né dei creditori di questi, né dello Stato, in quanto agisce in nome proprio, anche se non per un proprio interesse; dall’altro lato, non è un sostituto del chiamato all’eredità, in quanto non agisce nell’interesse del medesimo[1].

Il curatore è, semplicemente, il titolare di un ufficio di diritto privato[2] che esercita una funzione (ossia un potere conferitogli dalla legge a tutela di un interesse pubblico o, comunque, per un interesse altrui o alieno), consistente nell’amministrare una massa patrimoniale oggettivamente intesa e priva di soggettività giuridica[3].

La Suprema Corte ha affermato che il curatore esercita i suoi poteri a tutela dei beni ereditari e che allo stesso spetta la rappresentanza dell’eredità obiettivamente intesa, non del singolo chiamato[4].

Il Curatore è nominato dall’Autorità giudiziaria, è tenuto al giuramento di custodire e amministrare fedelmente i beni dell’eredità, è dotato di specifici e autonomi poteri per salvaguardare il patrimonio ereditario e, non da ultimo, è obbligato a rendere il conto della propria gestione.

La Suprema Corte ha, inoltre, affermato che il curatore rientra “tra gli ausiliari del Giudice (…) temporaneamente incaricato di una pubblica funzione, il quale sulla base nomina effettuata da un organo giurisdizionale secondo le norme del codice (…) presta la sua attività in occasione di un processo in guisa da rendere possibile lo svolgimento o consentire la realizzazione di particolari finalità”[5]. Come tale, il curatore è considerato un pubblico ufficiale quando esercita le proprie funzioni.

Sebbene la figura possieda una marcata connotazione pubblicistica[6], l’ufficio che questi riveste è di natura privatistica[7], in quanto – come si desume dagli artt. 528, 529, 530, 523 c.c. e 783 c.p.c. – l’istituto mira a tutelare gli interessi privati di coloro che sono interessati a vario titolo all’eredità, non (direttamente) gli interessi della collettività.

Alla luce della sua funzione e delle sue caratteristiche, l’istituto dell’eredità giacente deve essere inquadrato tra i c.d. patrimoni di destinazione: il patrimonio ereditario, in caso di giacenza, si connota per essere vincolato allo scopo della conservazione in vista dell’accettazione[8].

Non si tratterebbe di un patrimonio autonomo, bensì separato, tenuto conto che gli effetti dell’accettazione retroagiscono al momento del decesso, senza soluzione di continuità tra la situazione facente capo al de cuius e quella riconducibile all’erede[9].

Conseguentemente si può affermare che l’eredità giacente non gode di soggettività giuridica, pur riconoscendosi che l’erede può giovarsi degli acquisti operati durante la giacenza[10].

L’UFFICIO DEL CURATORE DELL’EREDITÀ GIACENTE NELLA PRATICA

E LE PROBLEMATICHE PIÙ URGENTI

Nonostante le sue funzioni e la sua qualità di ausiliario del giudice, quello del curatore è un istituto che soffre, oggi più che mai, dell’inesistenza di (aggiornate) norme di dettaglio, di una scarna e datata giurisprudenza in materia, dell’assenza (salvi rari casi) di prassi operative, nonché dell’impreparazione (giuridica) delle Pubbliche Amministrazioni e dei soggetti privati con i quali il curatore si trova quotidianamente ad interagire.

Chi ne ricopre l’ufficio e i magistrati che vigilano sul suo operato sono effettivamente gli unici a conoscenza di quali (e quanti) problemi il curatore dell’eredità giacente si trovi ad affrontare.

Alcuni di questi riescono a trovare una soluzione; altri, invece, neppure con l’aiuto dei magistrati che (vigilano e) assistono il curatore, riescono ad essere risolti.

Tra questi ultimi, tre richiedono una immediata attivazione di tutti i soggetti coinvolti e dei loro rappresentanti, onde evitare che i Curatori delle eredità giacenti rinuncino agli incarichi già accettati o non ne accettino di nuovi, quando nominati.

Vediamoli nel dettaglio.

1)

Anticipazione personale delle spese di procedura

Il Curatore dell’eredità giacente, senza alcuna garanzia di rimborso (totale e, inoltre, in tempi ragionevoli), deve oggi (salve rare eccezioni per alcuni Tribunali[11]) anticipare personalmente, ossia con denaro proprio, una somma variabile dai Euro 300,00 agli Euro 500,00, per ogni curatela (almeno, quando vi è un patrimonio attivo) per le attività preliminari relative al proprio ufficio (tra queste, pubblicazione sulla gazzetta ufficiale, l’imposta sull’inventario, la copia conforme della dichiarazione di successione, copie dei documenti depositati in tribunale, raccomandate e, se necessario, il cancelliere, il fabbro per accedere all’immobile del defunto, ecc.).

La circostanza che un ausiliario del giudice debba pagare, con i propri denari, le spese per una procedura (di custodia e amministrazione di un patrimonio non suo) il cui avvio è richiesto da terzi o dallo Stato stesso è tanto unica quanto inaccettabile.

Non essendo prevista alcuna norma che imponga a colui che richiede la nomina di un curatore di versare un “fondo spese” per tali attività, né un meccanismo che consenta di ottenere dallo Stato un’anticipazione su dette spese[12], anche i magistrati che vigilano sulle curatele si trovano in difficoltà nel soddisfare le richieste di “fondi spese” dei curatori e non sempre unanimi nell’applicare l’art. 8 co. 1 del DPR 30 maggio 2002, n. 115, il quale prevede che “Ciascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede e le anticipa per gli atti necessari al processo quando l’anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal magistrato”, vertendosi in ambito di volontaria giurisdizione e non pendo in ogni caso la procedura essere sospesa in attesa di versamento delle suddette spese.

2)

Pagamento imposte di successione, ipotecarie e catastali

Sebbene i giudici tributari di merito[13] abbiano statuito correttamente che il Curatore non debba pagare le imposte di successione e non sia tenuto a richiedere la voltura degli immobili, né al pagamento delle relative imposte, l’Agenzia delle Entrate con la Risposta del 15.09.21 n. 587/2021[14], con una interpretazione pro domo sua delle norme giuridiche in materia, ignorando la natura giuridica stessa dell’istituto della curatela di eredità giacente, richiede oggi a carico dei curatori dell’eredità giacente il pagamento delle imposte di successione, ipotecarie e catastali, con la notificazione di specifici avvisi di liquidazione che, per essere paralizzati, devono essere impugnati (l’impugnazione deve essere proposta dal curatore che, previa autorizzazione del Giudice, deve trovare un legale esperto di diritto tributario che assista la curatela e, ovviamente, anticipare le spese di giustizia e i compensi del professionista nominato).

Le richieste di pagamento sono, tuttavia, infondate per le seguenti ragioni[15]:

· il curatore dell’eredità giacente non è possessore dei beni, ma solo un detentore, in quanto, ai sensi del 1140, comma 1, c.c. non esercita alcun potere di fatto sulla cosa che si manifesta in una attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale, tanto più se si considera che tutta la sua attività si svolge sotto la vigilanza del giudice;

· il curatore non è il diretto e personale soggetto passivo, ma è un rappresentante ex lege (in incertam personam) del soggetto passivo che assolve al pagamento dei debiti in nome e per conto del soggetto che risulterà (eventualmente) essere l’erede;

· nelle more della curatela nessun soggetto ha il possesso di alcun bene e pertanto ex art. 36 TUS, non sono individuabili soggetti obbligati al pagamento dell’imposta;

· tra i soggetti indicati nell’art. 36 del TUS non vi è il curatore dell’eredità giacente;

· quanto agli immobili, nessuna trascrizione e voltura è possibile in assenza di possesso, con evidenti conseguenze sulle imposte conseguenti a tali atti;

· in ogni caso, l’art. 2643 c.c. non prevede alcun obbligo di trascrizione in capo al curatore;

· gli art. 2648 e 2660 c.c. contemplano l’onere di trascrizione solo per l’atto di accettazione dell’eredità e di acquisto del legato.

Ritenere che tra i “soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione di successione” ai quali potrebbe essere richiesta l’imposta di successione e quelle per la trascrizione e la voltura, è una interpretazione contra legem, che non tiene conto sia della natura giuridica del curatore, sia di elementari concetti giuridici.

Le medesime considerazioni valgano in relazione al supposto onere del curatore, in assenza di liquidità della curatela, di dover anticipare personalmente le imposte ipotecarie e catastali (stando alla ricostruzione dell’Agenzia delle Entrate che ritiene necessaria anche la voltura degli immobili a favore della curatela), liquidate già in sede di presentazione telematica della dichiarazione di successione (onere, questo sì, del curatore), o al pagamento delle imposte di successione nella misura dell’8%, salvo poi richiedere il rimborso agli eredi o allo Stato, nel momento dell’accettazione o della devoluzione.

Quanto sta accadendo pone i curatori in grave difficoltà, tenuto altresì conto del fatto che l’Agenzia delle Entrate, come emerge dalla citata risposta, ritiene che il curatore dell’eredità giacente rientri, pur non essendo ivi menzionato, tra i soggetti che, in forza dell’articolo 36 («Soggetti obbligati al pagamento dell’imposta»), comma 3, del TUS “rispondono solidalmente dell’imposta nel limite del valore dei beni ereditari rispettivamente posseduti”.

Interpretazione questa che risulta anch’essa del tutto infondata, come più volte ribadito anche dalle Commissioni Tributarie Regionali[16] che pur non avendo escluso la responsabilità solidale dei curatori delle eredità giacenti in riferimento al pagamento delle imposte de quibus, hanno affermato:

a) che la pretesa impositiva dell’Amministrazione debba essere fatta valere, non solo, come espressamente previsto dalla legge, “nel limite del valore dei beni ereditari posseduti”, ma anche “in sede di liquidazione dei beni ereditari”, ovvero “all’interno della specifica fase liquidativa”; questa Commissione condivide la valutazione del primo giudice,

b) che la pretesa dell’Amministrazione di costringere il Curatore ad anticipare “di tasca sua” l’imposta di successione appare priva di ragionevolezza e contraria al principio costituzionale della capacità contributiva, di cui all’articolo 53 della Costituzione.

Una interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina vigente porta, dunque, a ritenere che la pretesa dell’Amministrazione al pagamento dell’imposta da parte del Curatore dell’eredità giacente debba coordinarsi con la possibilità concreta che questi possa disporre, eventualmente a seguito delle attività liquidative concretamente poste in essere, delle somme necessarie al pagamento dell’imposta stessa, senza costringere il Curatore stesso ad anticipare il pagamento dell’imposta traendo le risorse necessarie dal proprio patrimonio personale.

3)

Quantificazione e corresponsione del compenso del curatore dell’eredità giacente e rimborso delle spese nel caso di patrimonio passivo o incapiente e richiesta d’ufficio di apertura della Curatela

Quanto al compenso del Curatore, gli aspetti che richiedono una immediata attenzione riguardano, da un lato, la quantificazione del compenso e, dall’altro lato, la corresponsione dello stesso in caso di patrimonio senza voci attive e procedura aperta d’ufficio.

a) Il problema della quantificazione del compenso del curatore è una vexata quaestio che, ancora oggi, non può dirsi risolta. La giurisprudenza è ormai unanime nell’affermare che i parametri utilizzati per la liquidazione del compenso del curatore fallimentare non sono applicabili per quella del curatore dell’eredità giacente[17].

Oltre a non essere equiparabile l’attività svolta dal curatore fallimentare con quella svolta dal curatore di eredità giacente (salvo i casi in cui l’attività svolta dal curatore consista nella mera liquidazione del patrimonio ereditario), al giudice devono essere lasciati i più ampi poteri di apprezzamento dell’attività svolta dal curatore, quale suo ausiliario[18], e di determinazione del suo compenso.

Invero, non esistendo specifici parametri per la liquidazione del compenso del curatore di eredità giacente né, tanto meno, una norma che prevede l’applicazione di altri parametri tabelle, ed essendo il giudice soggetto solo alla legge, questi ha ampi poteri discrezionali di quantificare il compenso del curatore come riterrà adeguato, eventualmente prendendo in considerazione, in via orientativa, la tariffa professionale riguardante la natura tecnica prevalente delle attività svolte dal curatore (non necessariamente corrispondente a quella del professionista nominato curatore)[19].

La ragione è evidente se si considera che il giudice è l’unico in grado di apprezzare l’attività svolta dal curatore e di quantificare economicamente le seguenti voci: la quantità di lavoro svolto; la qualità del lavoro svolto; la durata dell’incarico; l’ammontare lordo del patrimonio amministrato; la complessità dell’amministrazione; i risultati economici raggiunti; le questioni particolari affrontate; le problematiche risolte; l’efficienza della gestione; la tempestività negli adempimenti; gli elementi atti a comprovare capacità e abilità gestionali; le somme incassate a titolo di reddito; le somme riscosse; i crediti recuperati; le voci attive e passive del patrimonio ereditario; le attività svolte esulanti la mera amministrazione (redazione e presentazione della dichiarazione di successione, presentazione dichiarazione dei redditi, indagini di reperimento del patrimonio, indagini reperimento eredi, l’attività di “agente immobiliare”, l’attività di delegato alla vendita, ecc.).

Se proprio si volesse legare la quantificazione del compenso del curatore ad un atto legislativo si potrebbe ipotizzare l’applicazione del D.M. 20 luglio 2012, n. 140 (Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27) e, per quanto riguarda le prestazioni strettamente legali il D.M. 55 del 2014.

Il capo IV del D.M. 55 del 2014, titolato “disposizioni inerenti l’attività stragiudiziale”, potrebbe infatti trovare ampia applicazione nell’ambito della curatela di eredità giacente. In particolare, l’art. 26 (“Prestazioni con compenso a percentuale”) dispone infatti che, “per le prestazioni in adempimento di un incarico di gestione amministrativa, giudiziaria o convenzionale, il compenso è di regola liquidato sulla base di una percentuale, fino a un massimo del 5 per cento, computata sul valore dei beni amministrati, tenendo altresì conto della durata dell’incarico, della sua complessità e dell’impegno profuso”.

L’applicazione di tale disposto normativo, sebbene non sia specifico per l’attività di curatore dell’eredità giacente e non preveda un onorario minimo, parametra quantomeno la liquidazione del compenso prevalentemente sulla base del valore dei beni amministrati – non sul totale della sola massa attiva – e tiene conto della durata complessiva dell’incarico, della complessità delle attività svolte e dell’impegno del professionista nell’esecuzione dell’incarico ricevuto.

Tuttavia, la prestazione del curatore è estremamente peculiare e non può essere vincolata a parametri che non considerano le singole attività legate alla curatela di eredità giacente.

b) Per quanto concerne, invece, il pagamento del compenso del curatore e il rimborso delle spese dallo stesso anticipate, in caso di patrimonio inesistente o negativo e apertura richiesta d’ufficio (spesso su istanza dei Giudici Tutelari) il curatore rischia di non vedersi corrisposto alcun compenso.

Per quanto la Corte costituzionale, con la recentissima sentenza n. 83 del 30 aprile 2021 abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 148, comma 3, del DPR n. 115/2002, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», nella parte in cui non prevede tra le «spese anticipate dall’erario» l’onorario del curatore con riguardo al caso in cui la procedura di giacenza si sia conclusa senza accettazione successiva e con incapienza del patrimonio ereditario, ad oggi il Curatore, mancando una norma positiva, non solo deve anticipare personalmente le spese per un interesse non proprio, non solo non ha diritto ad una quantificazione equa del proprio compenso come tutti gli ausiliari del giudice, non solo rischia di dover anticipare spese per opporsi a richieste illegittime dell’Amministrazione finanziaria, ma rischia altresì di dover fare tutto ciò gratuitamente, in violazione, tra gli altri, dei principi costituzionali.

[1] Cicu, Successioni per causa di morte, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da A. Cicu e F. Messineo, Milano, 1961, p. 134.[2] Sulla nozione di ufficio di diritto privato, v. U. Natoli, L’amministrazione dei beni ereditari, I, Milano, 1968-1969, p. 307, sulla scia dell’insegnamento di S. Pugliatti, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Milano, 1935, p. 26 ss.[3] Cass. 16 marzo 2004 n. 5334, in Foro It., voce Successione ereditaria, n. 77. [4] App. Napoli 06 febbraio 1951, in Foro it., 1951, c. 619.[5] Cass. sez. un., 21 novembre 1997, n. 11619, in Mass. Giust. civ., 1997, p. 2239.[6] Di Marzio, L’eredità giacente, in Aa. Vv. Successioni e donazioni, a cura di M. Di Marzio e L. Balestra, Cedam, 2008, p. 534.[7] Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Giuffrè, 1951, p. 321.[8] Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, cit., p. 320. [9] Cass. 5 luglio 1990 n. 7076, in Rep. Foro it., voce Successione ereditaria, 1990, n. 7.[10] Lipari, L’eredità giacente, in Aa. Vv. Trattato breve sulle successioni, a cura di M. Ieva, Cedam. 2010, p. 437.[11] Tra essi, a quanto consta, vi sono i Tribunali di Roma, Genova e Cosenza.[12] Nel caso in cui la procedura di eredità giacente sia aperta d’ufficio (ad esempio su istanza del giudice tutelare già responsabile di una procedura di amministrazione di sostegno) le spese potranno essere “prenotate a debito” o anticipate dall’erario ex art. 148 del DPR 115/02 (T.U. in materia di spese di giustizia). In ogni caso, le spese le spese prenotate a debito sono solo il contributo unificato e i diritto di copia, mentre le spese anticipate dall’erario: sono solo a) le spese di spedizione o l’indennità di trasferta degli ufficiali giudiziari per le notificazioni a richiesta d’ufficio; b) le indennità e le spese di viaggio spettanti a magistrati e ad appartenenti agli uffici per il compimento di atti del processo fuori della sede in cui si svolge; c) le spese per gli strumenti di pubblicità dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria.[13] Commissione Tributaria Provinciale di Milano nn. 1632/2020 e 945/2021 e Commissione Tributaria Provinciale di Torino 545/2020. [14] Risposta 578/2021 consultabile al seguente indirizzo: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/documents/20143/3788714/Risposta_587_15.09.2021.pdf/8ab49650-f8e9-1c59-7c8e-60521bea59b4[15] Cfr. Commissione Tributaria Provinciale di Milano nn. 1632/2020 e 945/2021 e Commissione Tributaria Provinciale di Torino 545/2020[16] Si veda sul punto, Comm. Trib. Reg. Toscana sent. 265 del 18 febbraio 2019 e 295 del 21 febbraio 2019.[17] Ex plurimis: Cass. 24 ottobre 1995, n. 11046, in Giust. civ., 1996, I, 388; Cass. 28 novembre 1991, n. 12767, in Foro amm., 1992, p. 567.[18] Di Marzio, L’eredità giacente, cit., p.596; Cass., S.U., 21 novembre 1997, 11619, in Giust. civ., 1998, I, p. 36.[19] Cass. 12 luglio 1991, n. 7731, in Giust. civ., 1992, I, p. 1874.