La digitalizzazione ha comportato nuove sfide nel diritto del lavoro con l’affermarsi di nuove forme di imprenditorialità e di occupazione.
Si è assistito, infatti, ad una modifica dell’archetipo del lavoratore con il conseguente problema di inquadrare nuove professionalità -spesso non sono riconducibili alle classificazioni tradizionali- e di disciplinare le nuove fattispecie “contrattuali” affermatesi nel mercato del lavoro.
Si è assistito, inoltre, all’affermazione di nuove figure datoriali quali, ad esempio, i colossi della gig economy, le piattaforme on-line di intermediazione nei servizi, ma anche le P.M.I. ad alta implementazione tecnologica.
Queste nuove forme di organizzazione del lavoro presentano inedite declinazioni dei tradizionali poteri e delle prerogative datoriali. In particolare, nel lavoro su piattaforme artificiali, si assiste ad una nuova configurazione dei poteri direttivi e di controllo.
In alcuni casi l’esercizio dei poteri datoriali viene esercitato direttamente da parte di un datore-algoritmo ed il lavoratore può trovarsi, così, a doversi relazionare non solo con il tradizionale datore di lavoro “umano”, ma anche con un c.d. “automatic manager” che assegna le mansioni, determina il ritmo del lavoro, controlla la durata delle pause e verifica il lavoro svolto; tutto questo con o senza la collaborazione umana.
Il sistema artificiale può configurarsi a seconda dei casi o quale semplice strumento di controllo ed ausilio del datore di lavoro, oppure quale soggetto intitolato ad esercitare poteri direttivi e di organizzazione del lavoro, nell’ambito delle prerogative che l’art. 2086 attribuisce tradizionalmente all’imprenditore.
Questo apre sicuramente degli interrogativi sulla vigente normativa dei poteri datoriali (che ricordiamo essere stata forgiata facendo riferimento ad una controparte datoriale umana) e dei dubbi di conformità tra tali poteri organizzativi – direttivi ed i c.d. “robot manager”.
Sicuramente risulta compatibile con la vigente normativa un sistema che demandi agli strumenti tecnologici scelte organizzative (quali ad es. assunzione, riorganizzazione etc.) soltanto nella fase prodromica, riservando l’avvallo finale al datore di lavoro. In questo caso infatti le scelte sono pur sempre imputabili alla figura umana.
Maggiori perplessità e dubbi si aprono quando il potere organizzativo e direttivo viene demandato in tutto o in parte ad un robot manager chiamato a dirigere e controllare progetti aziendali, il raggiungimento di obiettivi e l’esecuzione della prestazione di lavoro.
In questo caso infatti vi è il rischio che si assista ad un rovesciamento tra il rapporto fra uomo e macchina, ad una “disumanizzazione” del rapporto di lavoro in cui paradossalmente il rapporto lavoratore/datore di lavoro si pone come secondario rispetto a quello con le intelligenze artificiali.
In questo caso è auspicabile l’introduzione di regole e garanzie che assicurino trasparenza sia nei processi di creazione e programmazione delle intelligenze artificiali, sia nelle fasi “di vita” successive intervenendo sui contenuti, sulle forme e sulle modalità di incidenza delle A.I. nei rapporti con il prestatore di lavoro.